IL TRIBUNALE AMMNINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunziato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  1845/90
 proposto dal  dott.  Filippo  Di  Gregorio,  rappresentato  e  difeso
 dall'avv.  Alberto  Cartia,  con  elezione  di  domicilio  presso  la
 segreteria del t.a.r., come da mandato a margine del  ricorso  contro
 il  Ministero  dell'interno,  in  persona  del  Ministro pro-tempore,
 rappresentato e  difeso  dall'avvocatura  distrettuale  dello  Stato,
 domiciliataria  ex  lege,  il prefetto della provincia di Padova, non
 costituito in giudizio,  e  notiziandone  il  comune  di  Padova,  in
 persona   del   sindaco  pro-tempore,  costituitosi  in  giudizio  ad
 adiuvandum  con  il   patrocinio   della   civica   avvocatura,   per
 l'annullamento:
       a)  del  provvedimento  prefettizio  21  giugno  1990, prot. n.
 249/90 s.c.p. (notificato  il  2  luglio  1990)  con  cui:  e'  stata
 respinta  la  domanda  di  mantenimento  in  servizio del ricorrente,
 annullato d'ufficio il precedente decreto n. 156/s.c.p. del 13  marzo
 1990  e  disposto d'ufficio il collocamento a riposo del ricorrente a
 decorrere dalla data del 1 marzo 1990;
       b) di ogni altro atto o provvedimento connesso, conseguente e/o
 presupposto, compreso il precedente decreto prefettizio n. 54 s.c.p.;
       c) in subordine, per il riconoscimento e la declaratoria di non
 manifesta   infondatezza   della   eccezione  di  incostituzionalita'
 dell'art. 1-quinquies della legge n. 37/1990;
      ed infine, in ulteriore subordine, affinche' venga  riconosciuto
 e  dichiarato  che  la  determinazione  dei  collocamento  a riposo a
 decorrere dal 1 marzo 1990 non puo'  avere  efficacia  retroattiva  e
 puo'  esplicare effetti solo per il futuro, e cioe' a decorrere dal 5
 agosto 1990 o, quantomeno, dal 18 luglio 1990;
    Visto il ricorso, notificato il 7 e 9  luglio  1990  e  depositato
 presso la segreteria il 19 luglio 1990 con i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio della regione;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Uditi  alla  pubblica  udienza  del  17  ottobre 1991, relatore la
 dott.ssa Settesoldi, l'avv.  Cartia  per  il  ricorrente,  l'avvocato
 dello Stato Romano per il Ministero e l'avv. Laverda per il comune di
 Padova;
    Ritenuto e considerato quanto segue:
                               F A T T O
    Il  ricorrente,  segretario  comunale  generale  di  classe  1/A e
 titolare della segreteria generale  del  comune  di  Padova,  avrebbe
 dovuto   essere   collocato   a  riposo  con  il  1  marzo  1990,  al
 raggiungimento  del  sessantacinquesimo  anno  di  eta',  come   gia'
 decretato  dal prefetto della provincia di Padova con atto 23 gennaio
 1990, n. 54 s.c.p.
    In data 28 febbraio 1990 egli avanza istanza di  essere  mantenuto
 in  servizio  sino  al  raggiungimento del limte dei quaranta anni di
 servizio, raggiungibili entro il settantesimo  anno  di  eta',  cosi'
 come  concesso  ai  dirigenti  civili  dello Stato dall'art. 1, comma
 4-quinquies, della sopravvenuta legge 28 febbraio  1990,  n.  37,  di
 conversione del d.-l. 22 dicembre 1989, n. 413.
    Il  prefetto  di Padova dapprima, con decreto 13 marzo 1990, prot.
 n. 156/s.c.p. sospendeva il gia' adottato decreto di  collocamento  a
 riposo  "nelle  more  delle  decisioni  da  adottare  in  ordine alla
 richiesta del predetto segretario", e, successivamente, con l'atto in
 questa sede impugnato sub a), negava al ricorrente la possibilita' di
 beneficiare della norma in questione, non essendogli riconosciuta  la
 qualifica di funzionario dello Stato.
    L'atto  succitato,  ancorche'  affermi di confermare il precedente
 decreto prefettizio n. 54/s.c.p. del 23  gennaio  1990,  non  avrebbe
 natura di atto confermativo perche' farebbe seguito ad un'istruttoria
 in  ordine  alla  domanda  di  mantenimento  in servizio avanzata dal
 ricorrente.
    Il ricorso deduce i seguenti motivi:
      1) Erronea interpretazione ed applicazione  dell'art.  1,  comma
 4-quinqueies,   della   legge  n.  37/1990.  Eccesso  di  potere  per
 erroneita' di presupposti e disparita' di trattamento.
    La norma in  questione  dovrebbe  applicarsi  anche  ai  segretari
 comunali,   cui   e'  stata  da  tempo  attribuita  la  qualifica  di
 funzionario dello Stato.
    Vengono all'uopo richiamate gli artt. 173 del t.u.l.c.p. di cui al
 r.d. 3 marzo 1934, modificato poi dalla legge  n.  815/1942  e  dalla
 legge  n.  748/1954  e  34, primo comma della legge 8 giugno 1962, n.
 604, modificata dal d.P.R.    n.  749/1972.  Infine  si  precisa  che
 qualsiasi   possibile   dubbio   sulla   spettanza  dello  status  di
 funzionario statale e' stato chiarito dall'art.  52  della  legge  n.
 142/1990, che avrebbe al riguardo portata interpretativa.
    Di  fatto  poi  si  ricorda che i segretari comunali e provinciali
 sono solo funzionalmente inseriti nell'organizzazione  dell'ente  lo-
 cale,  con  il  quale  intrattengono  il rapporto organico, mentre il
 rapporto di servizio intercorre  con  l'amministrazione  statale  (il
 Ministero  dell'interno),  che ha competenza in materia di status dei
 dipendenti in questione, tanto e' vero che i segretari comunali  sono
 inseriti,   al  fine  della  disciplina  contrattuale,  nel  comparto
 "Ministeri";
      2) eccesso di potere per erroneita' di valutazione in ordine  al
 collocamento a riposo. Straripamento di potere.
    In ogni caso, e in via subordinata, il ricorrente, dal momento che
 il  precedente  decreto  di  collocamento a riposo era stato sospeso,
 avrebbe dovuto essere considerato in servizio fino al momento in  cui
 gli e' stato comunicato il decreto n. 156/1990. Quest'ultimo e' stato
 notificato in data 2 luglio 1990 e si sarebbe dovuti concedere almeno
 otto  giorni  di  tempo  per  procedere  alle consegne. Detto termine
 andava poi aumentato delle ferie non godute per esigenze di  servizio
 nel  1989  e del rateo del 1990, sicche' il ricorrente avrebbe dovuto
 essere mantenuto in servizio almeno fino al 5 agosto 1990;
      3) incostituzionalita'  dell'art.  1-quinquies  della  legge  n.
 37/1990.   Nell'assunto  che,  ritenendo  corretta  l'interpretazione
 ministeriale, la legge  in  questione  discriminerebbe  in  danno  di
 dipendenti  il  cui  procedimento  di  reclutamento,  svolgimento  di
 carriera e cessazione dal servizio e' uguale a quello dei  dipendenti
 civili  dello  Stato,  con  violazione  degli  artt.  3  e  36  della
 Costituzione.
    Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell'interno,  che  ha
 controdedotto  per il rigetto del ricorso, ed il Comune di Padova, il
 quale ha dichiarato di farlo ad adiuvandum del ricorrente.
                             D I R I T T O
    Con il presente  ricorso  vengono  avanzate  due  domamde:  quella
 principale  concerne  sostanzialmente il diritto ad essere trattenuto
 in servizio fino al compimento dei settanta  anni  onde  maturare  il
 massimo  di  anzianita' pensionistica, sia per via di interpretazione
 della legge 28  febbraio  1990,  n.  37,  sia,  in  via  subordinata,
 eccependo  l'incostituzionalita'  della  legge  medesima.  La domanda
 subordinata mira invece ad ottenere la postdatazione  della  data  di
 collocamento  a  riposo  fino al 5 agosto 1990, e cioe' ad un momento
 successivo alla comunicazione del decreto prefettizio n. 249/1990 del
 21  giugno  1990,  che  annullava  la  precedente  determinazione  di
 sospendere  il  collocamento  a  riposo  mantenendone  la  originaria
 decorrenza del 1 marzo 1990.
    La normativa  attuale  non  permette,  ad  avviso  della  sezione,
 l'accogliemento della domanda principale del ricorrente.
    Infatti,  la  norma  di cui viene invocata l'applicazione, e cioe'
 l'art. 1, comma 4-quinquies, del d.-l.  27  dicembre  1989,  n.  413,
 convertito  in legge 28 febbraio 1990, n. 37, si fiferisce unicamente
 a quella ben precisa ed individuabile categoria di dipendenti statali
 che rivestono le specifiche qualifiche appartenenti alla species  dei
 "dirigenti  civili dello Stato", caratterizzate da un particolare re-
 gime  di  competenze  e  responsabilita'.  Non  si intende con questo
 negare che anche i segretari comunali e provinciali  appartengano  al
 genus  del personale statale; sta di fatto pero' che la loro carriera
 e' articolata secondo regole autonome e totalmente diverse da  quelle
 del  restante  personale statale e, in particolare, dalla species dei
 dirigenti statali, tanto che in  nessun  modo  possono  essere  fatti
 rientrare fra questi.
    Al  contrario,  si  deve rilevare che l'art. 25, quinto comma, del
 d.P.R.  n.  749/1972  ha  espressamente  esteso  a  taluni  segretari
 comunali  il  trattamento  economico  dei  dirigenti  dello Stato. E'
 quindi  evidente  che  il  legislatore,  intervenendo   proprio   per
 estendere  loro  un trattamento economico che, in base alla qualifica
 di appartenenza, non era di per se' attribuibile, non  ha  fatto  che
 rimarcare  la loro differenziazione dai dirigenti civili dello Stato.
 I segretari comunali possono semmai  rientrare  nella  assai  diffusa
 dizione di "personale equiparato ai dirigenti dello Stato".
    In  effetti  lo stesso art. 1 della legge n. 37/1990 cit. in altri
 commi contempla anche tale personale equiparato o "collegato" o  "con
 trattamento  commisurato o rapportato" ai dirigenti, ed e' proprio il
 confronto tra i restanti commi dell'art. 1 ed il  comma  4-quinquies,
 dove si parla unicamente di "dirigenti civili dello Stato" che impone
 di  prendere atto che il legislatore, in tale ultima norma, ha inteso
 riferirsi unicamente a tale ben individuabile categoria.
    Ne' si puo' dimenticare che si tratta di norma  di  favore  e  che
 quindi,  proprio  in  quanto  tale,  non  e'  suscettibile  di alcuna
 interpretazione estensiva.
    Prima di valutare la domanda subordinata si deve  quindi  vagliare
 se  l'eccezione  di  incostituzionalita'  della  norma  in  questione
 presenti i caratteri della non manifesta infondatezza,  dato  che  e'
 evidente  la  sua  rilevanza  in  causa.  E'  fuor di dubbio che, ove
 venisse  ritenuta  necessaria  un  eventuale  pronuncia  della  Corte
 Costituzionale,  questa risulterebbe pur sempre inernete alla domanda
 principale  e  sarebbe  necessario  attenderla  prima  di   procedere
 all'esame della domanda avanzata in via subordinata.
    L'art.  1, comma 4-quinqies, della citata legge n. 37/1990 dispone
 che: "A decorrere dalla  data  di  entrata  in  vigore  del  presente
 decreto  le  disposizioni  di  cui all'art. 15, secondo e terzo comma
 della legge 30 luglio 1973, n. 477, e all'art. 10, sesto  comma,  del
 d.-l.  6  novembre 1989, n. 357, convertito, con modificazioni, dalla
 legge 27 dicembre 1989, n. 417, sono estese ai dirigenti civili dello
 Stato". In altre parole, viene estesa anche ai dirigenti dello  Stato
 la  facolta'  di  rimanere in servizio, oltre i sessantacinque anni e
 nel limite dei settanta, al fine  di  raggiungere  il  massimo  o  il
 minimo  della  pensione,  facolta'  originariamente  prevista  per il
 personale della scuola in servizio al 1 ottobre 1974, e che quindi si
 trovava gia' in servizio alla data di avvio di quelle  modifiche  del
 sistema   previdenziale  che  proprio  la  legge  n.  477/1973  aveva
 introdotto.
    E' di tutta evidenza che il legislatore, nel momento stesso in cui
 ha esteso ai dirigenti civili dello Stato una  norma  originariamente
 prevista a favore di tutt'altra categoria di personale - per la quale
 era  giustificata dal mutamento della normativa previdenziale - ha di
 fatto scollegato il beneficio da alcuna  giustificazione  relativa  a
 una  ben  identificabile  ragione  oggettiva.  Ci  si trova quindi di
 fronte  ad  una  categoria  di  personale  statale  che  gode  di una
 normativa, per cosi' dire, "pensionistica" privilegiata, senza che la
 normativa soprarichiamata fornisca alcuna idea  della  ratio  che  ha
 ispirato  il  legislatore  e restringere il beneficio in questione ai
 soli dirigenti statali, escludendo tutto il personale  che  da  lunga
 pezza  veniva  assoggettato ad un trattamento equiparato a quello dei
 dirigenti. Tanto piu' che non va dimenticato che gia' l'art. 173  del
 r.d.  3  marzo  1934,  n. 383, sanciva la qualita' di funionari dello
 Stato dei segretari comunali e ne garantiva l'equiparazione  a  tutti
 gli effetti agli impiegati dello Stato. In questa ottica la legge che
 ha successivamente loro esteso il trattamento economico dei dirigneti
 statali  assume  connotazione  particolare perche' di fatto chiarisce
 con quale categoria di impiegati dello Stato debba ritenersi operante
 l'equiparazione gia' prevista dal r.d. del 1934. Ne' si puo' ritenere
 che tra i dirigenti statali ed i segretari comunali e provinciali che
 godono di trattamento  equiparato,  sussistano  oggettive  differenze
 tali  da  giustificare  che  la  possibilita' di essere trattenuti in
 servizio oltre il compimento del sessantacinquesimo anno  di  eta'  e
 non  oltre  il  settantesimo,  al  fine  di maturare il massimo della
 pensione, sia concessa ai primi e non ai secondi.
    La sezione ritiene quindi che una simile discriminazione violi  il
 principio  di  uguaglianza  ex art. 3 della Costituzione e che questo
 comporti   l'illegittimita'   costituzionale   dell'art.   1,   comma
 4-quinquies,  del  d.-l.  27 dicembre 1989, n. 413, convertito con la
 legge 28 febbraio 1990, n. 37, nella parte in cui limita il beneficio
 in questione ai soli dirigenti civili dello Stato, con esclusione dei
 segretari comunali e provinciali cui era stato esteso il  trattamento
 economico dei dirigenti statali.
    La  questione  e'  rilevante  in causa perche' solo l'accoglimento
 della  suddetta  eccezione  di  incostituzionalita'  puo'  consentire
 l'accoglimento   della   domanda   avanzata  in  via  principale  dal
 ricorrente.  La  non   manifesta   infondatezza   si   desume   dalle
 considerazioni precedentemente svolte.